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Raccontare storie del mare significa raccontare la storia di questo pianeta, di come l'equilibrio tra uomo e natura sia sbi-lanciato a favore del primo. La pesca artigianale vuol dire soprattutto pesca ecosostenibile: le tecniche tradizionali del Mediterraneo, non sono solo un patrimonio di saperi da salvare, ma anche una via per un rapporto simbiotico e di rispetto dei cicli della natura perché rispetta i tempi della flora e della fauna marina. Insomma, non sono solo il passato ma anche il futuro.
Questa è la storia di una comunità di pescatori, una Macondo del mare che cresce e diventa una cittadina industriale per essere poi ingoiata e distrutta dal progresso lasciando soltanto brandelli di memoria ferita. Le storie orali rappresentano il più grande patrimonio immateriale culturale del nostro paese. Uomini di un altra epoca vivevano un rapporto simbiotico con il mare, con i suoi colori, con il susseguirsi delle stagioni, con i suoi cicli inseguendo i pesci, imparando a leggere il loro silenzio e i loro spostamenti. Oggi la loro lenta ed enorme fatica, le tecniche artigianali della pesca, tutti quei segreti del mestiere che si tramandavano con pazienza di generazione in generazione, sono inutilizzabili ma da lì veniamo e di quel duro lavoro siamo i figli. Il cambio epocale che stiamo vivendo non ha permesso a molte di queste storie di essere trasmesse, molte sono andate perdute, ma alcune sono state salvate. Con questo lavoro il cuntista Alessio Di Modica, attraverso l’arte affabulatoria del cunto siciliano, recupera e rende contemporanee il patrimonio orale dei pescatori della costa est della Sicilia. Per anni il narratore ha ascoltato le loro storie, le loro leggende, i loro vissuti più profondi, i loro segreti e ha vissuto attraverso la memoria la scomparsa del loro mestiere e del loro mare che era ricco, grande e pieno di pesci tanto ricco che “Mancu un diu grecu so puteva permettere”, troppo diverso da quello di ora. Le parole di questo racconto sono onde che si increspano, s’alzano e si
infrangono. Il Cunto con il suo suono, il suo ritmo e il suo respiro richiama il suono del mare e consegna alla memoria un mondo che non c’è più e i cui ultimi testimoni sono sempre di meno.
Dalla prefazione del libro IL SOGNO DI ZIO CIANO edito dalla casa editrice Libridine
“La lingua che vi è espressa attraverso le voci dei personaggi è materia che racchiude e disvela un mondo, il mondo di una marineria, che possedeva una ricchezza e una dignità culturale pur nella povertà e semplicità dei regimi esistenziali. Il mare scorre nelle vene di questa lingua come nella vita dei suoi parlanti, che in quelle acque davanti al porto hanno im-parato a vivere e respirare come i pesci. Nelle storie degli ultimi pescatori di questo borgo non si raccontano soltanto i sogni e i bisogni di tutta una comunità ma si descrive anche la geografia reale e simbolica dentro la quale si dibatte la precaria esistenza di chi è abituato da sempre a parlare con i pesci e con essi ha stretto un patto di alleanza, ha inventato un linguaggio condiviso. Antonino Cusumano (antropologo)
“IL SOGNO DI ZIO CIANO è un prezioso breviario di cultura della pesca che rappresenta oggi, oltre all’aspetto lirico del cunto, una vera e propria musealizzazione di saperi che non devono essere perduti.” (Franco Andaloro) Direttore centro interdipartimentale siciliano della Stazione Zoologica di Napoli Anton Dohrn.
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